Il magazine (in italiano
sarebbe rivista, o, in maniera più fiscale, supplemento illustrato) L'Europeo non è nuovo al nostro sito: ne abbiamo già
parlato in occasione dell'ultimo World Press
Photo.
I numeri di ottobre e
novembre 2011 ci permettono di tornare ad affermare che la buona strada
intrapresa continua: infatti possiamo
leggere e vedere un esteso reportage collettivo, prodotto dall'agenzia Noor,
sullo stato del pianeta, in relazione ai
cambiamenti climatici.
L'Europeo numero 10, intitolato "Il pianeta
ferito", è un approfondito esame delle realtà più critiche della Terra:
Nina Berman, Philip Blenkinsop, Pep Bonet, Alixandra Fazzina, Jan Grarup,
Stanley Greene, Yuri Kozyrev, Kadi van Lohuizen, Jon Lowenstein e Francesco
Zizola sono stati nelle fonderie in Siberia, tra le sabbie del Corno d'Africa, sulle rive asciutte dei laghi
della California. E poi nell'Amazzonia trasformata in pascolo, alle Maldive
sempre più sommerse e in una
Groenlandia sempre più fangosa. Nelle viscere della Polonia e tra gli sfollati
dai monsoni in Pakistan, in Canada tra le foreste divorate dai parassiti e dove
si estrae combustibile dalla sabbia e in molti altri posti dove la follia
dell'uomo ha l'effetto di una mortale offesa alla salute del pianeta.
L'introduzione, di Claudia Hinterseer (cofondatrice di Noor), delinea i contorni del gigantesco progetto
in due parti, intitolate "Consequences", a breve distanza seguito da
"Solutions", ovvero criticità e
speranze nella gestione del pianeta, sottolineandone l'approccio globale
e l'ampio respiro.
Infatti è con il numero
11 (novembre 2011) intitolato "La terra promessa" che L'Europeo pubblica la seconda parte di questo lavoro
collettivo. Gli stessi autori di "Consequences" (ad eccezione di
Grarup) ci conducono tra gli orti del Bronx, nei parchi eolici cinesi, nel
Brasile del biodiesel e nelle foreste ripiantumate del Congo. Oppure nelle
comuni ecologiche della Russia, tra i ciclisti del Bangladesh e nell'Islanda
della geotermia. E anche a Cuba o in Kenya, alla ricerca di un nuovo equilibrio
energetico. In questo modo i fotografi di Noor riescono a testimoniare alcune
piccole ma promettenti realtà che segnano la frontiera di una possibile
inversione di tendenza rispetto all'apocalisse termica planetaria.
A differenza del lavoro
di Noor (sul quale non abbiamo alcun dubbio), capita molto spesso che sia la messa
in pagina a segnare la mancanza
di rispetto per la fotografia e per il giornalismo. Ma per molti motivi il
lavoro della redazione de L'Europeo è da segnalare come assolutamente al di
sopra della media. L’alta qualità dei
lavori pubblicati, autonomi ma organici ad un progetto complessivo di grande
respiro, in questo caso può beneficiare
di un trattamento dignitoso e felice.
L'impaginazione della
rivista è solida e rigorosa: le immagini si alternano senza sovrapporsi e senza
essere mai sovrastate da parole, nemmeno quando fanno da corollario a
introduzioni e sommari; la qualità della stampa, nonostante non si tratti di
carta di alta grammatura, è tale da permettere di distinguere le differenze di
stile, anche sottili, tra i diversi autori.
Ogni singolo servizio è
accompagnato da un testo che inquadra e spiega le immagini, in alcuni casi a
cura dei fotografi stessi. Ciò nonostante ogni foto è corredata da una
didascalia: le date di realizzazione delle foto, i luoghi e altri particolari
sono indicati per ciascuno degli scatti, permettendoci di collocare (anche nel
tempo) il lavoro dei fotografi. Questa prassi, assai poco comune, è un buon
indice di correttezza nei confronti dei lettori.
Per completare entrambi
i numeri della rivista, L'Europeo pubblica anche alcune interviste ad esperti in
materia (ecologisti, meteorologi, giornalisti) e alcuni contributi scritti
scelti dall'archivio. Spicca, ad esempio, un articolo di Ettore Mo del 1984,
inviato per “il Corriere della Sera” in Polonia, completato da un "com'è
andata a finire", scritto ai giorni nostri.
Aggiungiamo infine che
"Solutions" è fruibile anche sotto forma di mostra, a Roma
(fino al 16 dicembre) presso la galleria 10b Photography.
Non conosciamo i dati reali
di vendita de L'Europeo, né il gradimento del pubblico in merito a queste uscite. Certo che nel
panorama desolato dell'editoria periodica e di massa italiana queste
realizzazioni spiccano per contrasto. Il lavoro della redazione (che, curiosamente,
non ha photoeditor tra le sue fila) brilla per rigore e correttezza. E si
distacca in particolar modo da ciò che viene mostrato tutti i giorni dal
quotidiano "di riferimento", della stessa casa editrice: se al Corriere
decidessero di prendere esempio, il fotogiornalismo (e tutti i lettori) avrebbe
molto da guadagnare.
Matteo Bergamini, 11
dicembre 2011
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